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 La vulvodinia è una sindrome patologica caratterizzata da dolore, bruciore (spesso definito come "bruciore intimo") e ipersensibilizzazione della vulva (la parte esterna dei genitali femminili). Esistono due forme di vulvodinia caratterizzate da sintomatologia differente: localizzata (vestibolodinia o sindrome vulvo-vestibolare) e generalizzata (o vulvodinia propriamente detta).

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Nonostante la vulvodinia sia piuttosto frequente, resta una patologia misconosciuta e i medici che la sanno riconoscere e curare sono ancora pochi. Cerca un professionista in grado di diagnosticare e trattare la vulvodinia fra i professionisti consigliati e i professionisti convenzionati con l'associazione.

Varie sono le terapie della Vulvodinia poiché varie sono le cause che la provocano e molteplici i distretti che corporei che coinvolge.

La terapia appropriata dovrebbe quindi prevedere un approccio multidisciplinare che coinvolga più figure professionali esperte nel campo del dolore pelvico cronico: ginecologo, urologo, neurologo, fisioterapista, dietologo, sessuologo.

In generale il medico esperto in vulvodinia segue un percorso terapeutico finalizzato al raggiungimento contemporaneo di 3 obiettivi terapeutici principali:

Qualsiasi terapia si stia seguendo ogni donna affetta da sensibilità vulvare dovrà osservare indispensabili regole comportamentali per evitare ogni possibile stimolo irritativo che consenta di non peggiorare il quadro patologico.

 Al trattamento dei processi biologici del dolore vulvare, occorre affiancare il trattamento della disfunzione psicologica, sessuale e relazionale associata. E' essenziale infatti considerare l'impatto psicologico che può avere il dolore cronico. Le pazienti affette da vulvodinia infatti convivono spesso con GIUSTIFICABILISSIMI sentimenti di disperazione, depressione e ansia, che abbassano la soglia del dolore incrementando la sintomatologia.
La psicoterapia consente alla Paziente di riappropriarsi della propria sfera sessuale, sociale ed emotiva, che la patologia ha compromesso.

 

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Il percorso terapeutico andrà adattato alla singola donna. Ciò che per una donna è efficace potrebbe essere addirittura dannoso per un'altra. Quindi prima di arrivare a scoprire quali siano le terapie più efficaci, potrebbe passare anche molto tempo e potrebbero servire molti tentativi. La guarigione, sebbene molto lenta, è più che possibile, ma bisogna tener presente che sono necessari almeno 6 mesi di cura prima di vedere miglioramenti significativi (a volte anche un anno) e che il percorso prevede l'alternarsi inevitabile di periodi di miglioramento a momenti di regressione.

 

 Leggi sul forum Storie personali di Vulvodinia e Testimonianze di guarigione dalla Vulvodinia

La vulvodinia è una sindrome patologica caratterizzata da dolore, bruciore e ipersensibilizzazione della vulva (la parte esterna dei genitali femminili).

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Nonostante la vulvodinia sia piuttosto frequente, resta una patologia misconosciuta e i medici che la sanno riconoscere e curare sono ancora pochi. Cerca un professionista in grado di diagnosticare e trattare la vulvodinia fra i professionisti consigliati e i professionisti convenzionati con l'associazione.

Il medico esperto in vulvodinia segue un percorso terapeutico finalizzato al raggiungimento contemporaneo di 3 obiettivi terapeutici principali:

 

Riduzione dell'infiammazione locale

Esistono due forme di vulvodinia caratterizzate da sintomatologia differente: localizzata (vestibolodinia o sindrome vulvo-vestibolare) e generalizzata (o vulvodinia propriamente detta).

Nella vulvodinia generalizzata la terapia antinfiammatoria vulvare non attenua la sintomatologia in quanto l'origine del problema è neurologico ed ogni intervento locale rischia solo di sviluppare ulteriore sensibilizzazione con peggioramento dei sintomi.

Nella vestibolodinia (soprattutto se caratterizzata da infiammazione), al contrario di ciò che avviene nella vulvodinia generalizzata, la strategia di base consiste nel ridurre l'irritazione locale in modo tale che non vada a complicare ulteriormente la malattia. Tale obiettivo si può raggiungere tramite farmaci (locali o sistemici), infiltrazioni e, nei casi più estremi, chirurgia.

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Terapia farmacologica

  • Cortisone. La terapia protocollare prevede l'applicazione di cortisonici topici. L'uso di cortisone però, sebbene sia un antinfiammatorio, sul vestibolo vulvare può provocare eritemi e bruciore. Per ovviare agli effetti collaterali delle terapie locali l'alternativa è l'infiltrazione di cortisone nei trigger point. L'infiltrazione (di solito associata ad anestetici e tossina botulinica per agire contemporaneamente anche sul dolore e sulla muscolatura) viene effettuata direttamente sotto la mucosa, laddove ha sede l’infiammazione neurogenica.

  • Aliamidi. Molto utili si sono rivelati gli Aliamidi (palmitoiletanolamide-PEA), che bloccano l'attività dei mastociti ricucendo infiammazione e dolore, sia in formulazione orale (Normast, Pelvilen), sia per applicazione topica (Saginil).

  • Quercetina. Anche la quercetina ha dimostrato di poter ridurre l'attività dei mastociti.

  • Antibiotici/antimicotici. Alcuni medici ritengono che sia necessario debellare le infezioni vaginali per evitare l'ulteriore attivazione dei mastociti e la contrattura muscolare. Altri ritengono che queste siano inutili (il dolore è ormai centrale ed indipendente dalle infezioni periferiche). Pertanto l'accanimento contro i microrganismi patogeni senza risolvere la patologia di base non solo è inutile, ma porta ad un peggioramento stesso della malattia a causa degli effetti collaterali di antibiotici e antimicotici: irritanti se usati localmente e immunodepressivi/disbiotici se presi oralmente.

 

Terapia infiltrativa con plasma

Un'altra possibilità di ricostruzione vulvare arriva da una pratica ancora in fase di sperimentazione: la terapia infiltrativa.
Vengono prelevate cellule adipose e innestate nella mucosa insieme a plasma ricco di piastrine per ottenere rivascolarizzazione e produzione di nuovo collagene, quindi rigenerazione tissutale. Utile solo in caso di vestibolodinia.

Terapia chirurgica

L'escissione chirurgica del vestibolo va considerata solo nelle pazienti con vestibolodinia e solo dopo il fallimento di tutti gli altri trattamenti. L'intervento consiste nell'asportazione chirurgica della parte di vestibolo dolente insieme a tutte le sue abbondanti terminazioni nervose e sostituita con tessuto vaginale sano.

Il tasso di successo chirurgico (inteso come forte miglioramento o completa guarigione) va dal 40% al 100%. Gli insuccessi sono dovuti alla centralizzazione del dolore: più la causa è neurologicamente centralizzata e meno l'intervento sulla mucosa sarà utile.

Considerata la ricca vascolarizzazione della zona vulvare e perineale, emorragie e formazione di ematomi sono le complicanze più comuni dell'intervento seguite dalla deiscenza (riapertura) della ferita. Il rischio di infezione e la conseguente compromissione della guarigione sono elevati a causa della vicinanza immediata con il retto ricco di batteri.

Tra le complicanze a lungo termine occorre ricordare la possibile comparsa di cisti di Bartolini, l'ulcerazione cronica, la diminuzione della lubrificazione, la formazione di tessuto cicatriziale fibrotico e poco elastico e, paradossalmente, il peggioramento della patologia per cui ci si è sottoposte all'intervento. Ciò anche a causa della recisione di terminazioni nervose, e dell'ulteriore stimolo irritativo che l'intervento ed il processo riparativo rappresentano.

Alcune testimonianze dal forum:

“Mi rassegno e mi tengo questo “piccolo male"” scartando l'idea che potesse essere stata la dtc. Senonchè, forse con una gran sfortuna alle spalle, cambio ginecologa. Le dico di questo punto dolente DOPO BEN 12 ANNI (ora ne ho 30). Magari finalmente mi da una soluzione! LA COSA PIU' SBAGLIATA CHE POTESSI FARE Mi risponde che con una piccola bruciaturina avrei tolto il tessuto dolente e sarebbe cresciuto tessuto sano, semplicissimo e tutto in 5 minuti. Purtoppo mi fido...non l'avessi mai fatto, si cicatrizza la ferita ma peggiora il tutto. Inizio ad avvertire dolori spontanei, sensazione di spilli, bruciore dopo la pipì, male a stare seduta...provo a riavere un rapporto dopo circa 3 mesi dopo la bruciatura ed è stato terribile...il male a livello della forchetta (punto trattato) è terribile. Sensazione di spilli atroce!”
Elenabunny 19/06/2012 (cistite.info)

“E' dal 2003 che soffro di vestibolite vulvare [...] il dolore era fortissimo, non solo nei rapporti ma anche nelle cose di vita quotidiane. Sono andata quindi dal dott. Origoni che lavora al san raffaele di Milano e qui purtroppo dopo cure con diflucan, laroxill mi ha detto che l'unica cosa che poteva guarirmi erano due cose: o una gravidanza o l'operazione ovvero una vestibolectomia parziale. E così, parlando con il mio compagno e decidendo che una gravidanza doveva essere desiderata per altri motivi e non solo per la guarigione, nel 2007 mi sono sottoposta all'operazione...
RAGAZZE NON FATELO!!!!!
Risultato??? Non è cambiato nulla anzi sono peggiorata!
Saretta 04/02/2010
Cavi

La vulvodinia è una sindrome patologica caratterizzata da dolore, bruciore e ipersensibilizzazione della vulva (la parte esterna dei genitali femminili).

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Nonostante la vulvodinia sia piuttosto frequente, resta una patologia misconosciuta e i medici che la sanno riconoscere e curare sono ancora pochi. Cerca un professionista in grado di diagnosticare e trattare la vulvodinia fra i professionisti consigliati e i professionisti convenzionati con l'associazione.

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Regolarizzazione della trasmissione nervosa

Per regolarizzare il dolore neuropatico vulvare è possibile ricorrere a diversi approcci terapeutici che vanno a modulare il segnale nervoso:

 

Terapie locali

Esistono due forme di vulvodinia caratterizzate da sintomatologia differente: localizzata (vestibolodinia o sindrome vulvo-vestibolare) e generalizzata (o vulvodinia propriamente detta).

Le terapie locali sono utili nella forma di vulvodinia localizzata. Non hanno senso nella vulvodinia generalizzata, trattandosi di un problema che non è più locale, ma che coinvolge i nervi più centrali.
Ecco quali sostanze la donna può applicare localmente per ridurre il dolore vulvare.

  • Anestetici. Alcuni medici suggeriscono l’applicazione notturna a lungo termine di anestetici, come la lidocaina, che possono bloccare l’impulso doloroso e favorire la guarigione. Tuttavia la lidocaina può provocare sensibilizzazione sia sulla Paziente che sul partner con conseguenti dermatiti da contatto e intorpidimento del pene. La Benzocaina, anestetico utilizzato in creme genitali (come il Vagisil) può provocare reazioni allergiche e sensibilizzazione). Anche il Diphenhydramine, presente in molti preparati anestetici presenta alti rischi di sensibilizzazione. Per ovviare a tale problematica è possibile l'utilizzo di infiltrazioni di anestetici nei trigger point.

  • Amitriptilina. Nelle Pazienti con dolore provocato si è rivelata utile l'applicazione locale di amitriptilina (antidepressivo) in quanto modulatore del segnale nervoso.

  • Nitroglicerina e capsaicina. La nitroglicerina topica e la capsaicina applicate localmente aumentano la soglia del dolore diminuendo il segnale nervoso. L'effetto collaterale della nitroglicerina è il possibile mal di testa successivo all'applicazione. Quello della capsaicina è il bruciore all'applicazione.
    (Testimonianze sulla nitroglicerina dal Forum)

Terapie orali

Il dolore neuropatico va trattato con terapie che, come il sonno, riducano l'attività delle fibre nervose coinvolte e ne regolino l'attività. La trasmissione del messaggio dolorifico in condizioni normali è inibita da alcuni neurotrasmettitori presenti nel nostro corpo. Essi riportano in stato non eccitato la membrana dei recettori dolorifici stimolata dalla sostanza P. Nel dolore cronico vi è sia una diminuzione di questi nostri neurotrasmettitori inibitori, sia l'aumento dell'eccitabilità di membrana. Per regolarizzare la funzionalità di questi recettori saranno quindi necessarie terapie che simulino l'azione di questi neurotrasmettitori: antidepressivi, antiepilettici, oppioidi, endocannabinoidi.

    • Antidepressivi. Nel caso della vulvodinia si ricorre agli antidepressivi triciclici orali come l’amitriptilina (Laroxyl), la nortriptilina (Noritren) e la desipramina (Nortimil). Il 60% delle donne trattate con amitriptilina ha riscontrato una riduzione del dolore pari al 50%. Gli inibitori selettivi della ricaptazione della serotonina e della noradrenalina (SSNRI), come venlafaxina (Efexor) e duloxetina (Cymbalta), hanno dimostrato efficacia terapeutica. I primi benefici vengono avvertiti a partire dalla quarta settimana di trattamento. (Leggi sul Forum: Antidepressivi Ansiolitici Antiepilettici)

    • Anticonvulsivanti. Tra i farmaci antiepilettici il Gabapentin (Neurontin) si è dimostrato molto efficace nel trattamento del dolore neuropatico nella vulvodinia generalizzata, così come nel trattamento della vulvodinia localizzata. Alcuni studi retrospettivi hanno evidenziato un’attenuazione del dolore pari anche all’80% in un numero di donne compreso tra il 64% e l’82% del campione. Il Pregabalin (Lyrica) ha un'azione simile a quella del gabapentin. (Leggi sul Forum: Antidepressivi Ansiolitici Antiepilettici)

    • Vitamine B. Nella pratica clinica si è visto che le vitamine del gruppo B, in particolare la B12 e la B6, sono efficaci contro la neuropatia vulvodinica, riducendo il dolore e la sensibilità locale.

    • Oppioidi. La morfina, l’ossicodone, il tramadolo hanno mostrato efficacia nella terapia della vulvodinia generalizzata. I possibili effetti collaterali e i falsi preconcetti sulle alterazioni cognitive e sulla possibilità di assuefazione limita l'uso degli oppioidi.

    • Cannabinoidi. Anche i cannabinoidi possono agire sul dolore vulvare neuropatico. Il fumo di cannabis ha dimostrato di alleviare la neuropatia in più studi. I cannabinoidi sono ben tollerati. Pochi i casi di effetti collaterali psichiatrici quali euforia e dissociazione.

Approfondimento: Neuromodulatori orali

 

Terapie elettriche

Nelle terapie basate sulla stimolazione elettrica i parametri impostati determinano il tipo di fibre nervose che vanno ad essere stimolate, e quindi il risultato ottenuto. E' fondamentale quindi che i voltaggi siano programmati da personale competente, altrimenti si rischia uno stimolo dell'impulso nervoso o muscolare anziché una sua attenuazione. Vi è una risposta positiva dopo 10 o 15 trattamenti, con un picco dopo le 25/ 36 sedute.

Le stimolazioni elettriche più utilizzate sono:

    • TENS (Stimolazione nervosa elettrica transcutanea).

    • SEF (Stimolazione Elettrica Funzionale).

    • VSNS (Stimolazione del nervo superficiale vulvare) metodo Spano.

    • PEMF (elettromagnetoterapia pulsata).

    • Agopuntura. (Testimonianze dal forum: Agopuntura)

Approfondimento: Terapie elettriche

 

Terapie invasive

    • Infiltrazioni nei trigger points. L'infiltrazione dei trigger point viene ottenuta attraverso l'introduzione di anestetici direttamente sotto la mucosa, laddove ha sede l’infiammazione neurogenica. Utile in caso di vestibulodinia provocata. Nei casi di vulvodinia generalizzata si infiltrano gli anestetici a livello più centrale, come ad esempio nel nervo pudendo.

    • Blocco dei gangli. Il blocco del centri nervosi direttamente coinvolti nella vulvodinia prevede l’iniezione nel ganglio impari, nel nervo pudendo, o nelle radici sacrali di un anestetico locale e talvolta di un corticosteroide.

    • NMS (neuromodulazione sacrale). La NMS consiste nell'applicazione sottocutanea di un apparecchio che stimola il nervo e modula il segnale in entrata e in uscita.

Approfondimento: Le terapie della neuropatia

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